Cecè Tripodo si racconta alla redazione

Quando hai iniziato ad interessarti alla musica?

Ho iniziato a fare musica quando ne ho sentito il bisogno. Ho iniziato a scrivere prima per una soddisfazione privata, personale, poi il mio egocentrismo misto alla mia voglia di mettermi in gioco mi hanno spinto a rendere pubblici alcuni dei miei pezzi, dando cosi vita a “il Bivacco“.

 

Raccontaci del tuo percorso artistico

Il mio inizio non ha niente di particolare, sono sicuro che sarà più teatrale e scenica la mia fine. Ho iniziato come tutti, masturbando le corde di una semplice chitarra. Il mio soggiorno nella meravigliosa terra d’ Irlanda mi ha profondamente cambiato, li ho realmente sentito il bisogno di “rendere pubblico” il mio lavoro. Ho trascorso mesi e mesi a scrivere e sistemare testi e musiche che mischiavano ricordi infantili a immagini inconscie, ricordi visivi e fotografie più disparate, poi ho riunito tutto il materiale ed è nato quello che considero il limbo del mio inferno discografico.

 

Quali sono i tuoi punti di riferimento? ( cantanti, band, fonti di ispirazione)

Ho iniziato il mio percorso innamorandomi perdutamente delle parole di Fabrizio de Andrè, Guccini e De Gregori passando poi per Caparezza, Capossela e Mannarino.

 

Cos’è la musica per te?

Non mi è mai piaciuto percepire la musica come una valvola di sfogo delle rabbie accumulate, la vedo come una cosa troppo brutale e terrena che non fa altro che sminuire la musica. Piuttosto mi piacerebbe poter considerare questa nobile arte come una svolta, un rinnovamento che si da alla propria vita e non alla propria mera esistenza.

 

Hai un particolare progetto a cui arrivare come massima aspirazione?

I progetti e i programmi futuri sono tanti, sicuramente quello di continuare con i live che per fortuna non mancano e forse, perché no, iniziare il secondo disco.