Lino Pinna si racconta alla redazione

Quando hai iniziato ad interessarti alla musica?

Quando avevo due anni mio padre mi faceva un gioco: suonava con l’armonica le prime note di una canzone e mi chiedeva: “Che cos’e’?” Io rispondevo: “Pece!” (intendendo dire Pietre di Antoine) oppure: “Ciao a pocchia!” (cioè Siamo la coppia più bella del mondo di Celentano). E così via. Dopo aver indovinato i titoli, canticchiavo le canzoni mentre lui mi accompagnava con l’armonica. Tutto è cominciato così. Ero un bambino degli anni ’60 e non immaginavo che l’amore per la musica, nato allora, sarebbe diventato l’amore di sempre. E il primo amore non si scorda mai! Si scordava invece sempre la mia prima chitarra, una Bontempi giocattolo di plastica con le corde in acciaio tagliente. In quel periodo ascoltavo le radio libere che trasmettevano le canzoni dei cantautori, per le quali andavo matto e mi ostinavo a impararle a costo di procurarmi i primi dolorosi calli alle dita.

Raccontaci del tuo percorso artistico

Mentre perfezionavo la chitarra e il canto, suonando anche in gruppo con gli amici, studiavo nel frattempo al liceo artistico. È stata una gran fortuna perché quella meravigliosa scuola mi ha offerto la possibilità di conoscere varie forme di espressione artistica e, soprattutto, delle persone piene di idee e di talento creativo. Ho iniziato a scrivere le prime canzoni, a suonarle dal vivo e a presentarle ai discografici. Essendo praticamente impossibile riuscire a ottenere appuntamenti con loro, escogitavo dei blitz entrando di nascosto nei loro uffici super sorvegliati. Quelli mi guardavano in faccia e mi chiedevano: “Chi sei? Ce l’hai l’appuntamento?” E io: “Certo, me l’ha dato Lei la settimana scorsa, non ricorda?”. Ma non sempre filava liscia. Una volta, mentre entravo di soppiatto nel palazzo in cui abitava Enrico Ruggeri, il portinaio mi rincorse con la scopa cacciandomi via. Con Battiato invece andò decisamente meglio, forse perché gli ho sempre voluto bene, e questo lui lo percepiva. Non solo mi accolse a casa sua, ma ci incontrammo anche altre volte rivelandosi esattamente come avevo intuito fosse dal punto di vista umano: gentile, simpatico e disponibile. Dagli anni ’90 ho un piccolo home studio di registrazione. Ho firmato i primi contratti discografici, ho collaborato con vari autori come Cheope Mogol e Mario Lavezzi. Sono stato finalista a Castrocaro e al World Music Festival Andrea Parodi. Nel frattempo ho girato 6 cortometraggi e pubblicato 3 libri. A febbraio 2020 è uscito il mio nuovo album “ALTAMENTE DIGERIBILE – 10 brani freschi selezionati con cura”.

Quali sono i tuoi punti di riferimento? (cantanti, band, fonti di ispirazione)

Ho avuto molti punti di riferimento che sono riconoscibili nelle mie canzoni. Impossibile citarli tutti, preferirei dire che ho amato e tuttora amo la musica che ha un’anima, una personalità e un’originalità. Mi piace la musica che mi eleva e mi fa stare bene. Per questo motivo ho sempre ascoltato poco le radio commerciali: il 90 per cento delle canzoni trasmesse mi annoiano, non ci trovo niente di artistico, sono solo operazioni di mercato, una uguale all’altra, fotocopie di se stesse.

Cos’è la musica per te?

La musica per me è una delle porte di accesso all’infinito. È il riflesso umano della vibrazione armonica che ci riporta al suono primordiale della creazione dell’universo. Non voglio parlare difficile, ma tutti abbiamo sperimentato l’effetto che hanno certe canzoni nel nostro cuore e nella nostra anima. C’è qualcosa di magico e di “superiore” nella musica, tant’è vero che un tempo il canto si usava per guarire le persone. Ed è proprio questo che io intendo per musica: espansione della coscienza, elevazione, benessere.

 

Hai un particolare progetto a cui arrivare come massima aspirazione?

Ho molti progetti che mi piacerebbe realizzare in campo artistico, non solo musicale. La mia massima aspirazione, sinceramente, è quella di scrivere canzoni che siano autentiche e all’altezza di essere definite tali. Come artista e comunicatore, perché questo è in fin dei conti un cantautore, sento una grande responsabilità: quella di trasmettere emozioni positive in forma musicale e poetica. A volte possono essere denunce, condite con ironia, verso il materialismo e la superficialità del mondo contemporaneo; in altri casi un invito a concentrarci sugli aspetti più belli e spirituali della vita. Sono felice quando capisco che le mie canzoni fanno bene a me e a chi le ascolta, se così non fosse non esiterei a dedicarmi ad altro!